Sono
cinque anni che la Vedanta Resources plc, una compagnia che ha sede nel
Regno Unito, cerca di espandere, attraverso la consociata Vedanta
Alluminium, la sua raffineria di alluminio a Lanjigarh, nello stato indiano di Orissa,
e di ottenere dalle autorità locali il permesso di aprire, in joint
venture con la compagnia statale Orissa Mining Corporation, una miniera di bauxite sulle colline di Niyamgiri.
Nella zona si trovano 12 villaggi in cui vivono diverse migliaia di adivasi (nativi) Dongria Kondh
e numerose famiglie dalit (intoccabili od oppressi, gli esclusi dal
sistema castale indiano), che si basano sull’agricoltura come unico
mezzo di sostentamento.
Già l’impianto esistente, che la Vedanta vorrebbe sestuplicare, ha messo gravemente a rischio i diritti umani dei Dongria Kondh
alla salute, all’acqua, al cibo, a un ambiente salubre, a un adeguato
standard di vita. La foto pubblicata qui sopra è eloquente.
Le organizzazioni per i diritti umani si sono schierate al fianco dei
Dongria Kondh, che il 20 ottobre 2010 hanno ottenuto una storica
vittoria: il governo federale indiano ha bocciato i progetti della Vedanta. Alla decisione politica sono seguite una serie di sentenze favorevoli ai nativi, l’ultima delle quali, all’inizio di quest’anno, da parte della corte d’appello dello stato di Orissa.
Ma anziché rassegnarsi all’applicazione di un principio basilare e
riconosciuto da numerose sentenze di organi di giustizia internazionali,
secondo il quale prima di avviare progetti su un territorio, occorre
interpellare chi ci vive e presentare un studio sull’impatto che quei
progetti avranno sul territorio, la Vedanta ha presentato ricorso alla Corte suprema dell’India, che dopo il rinvio di aprile, potrebbe decidere presto di fissare un’udienza.
Con questo comportamento irresponsabile, la Vedanta non ha fatto
danni solo ai Dongria Kondh. Li ha fatti, paradossalmente, anche a se
stessa.
Recentemente due star di fama internazionale, l’attrice Gul Panag e il regista Shyam Benegal, si sono tirate fuori da un concorso cinematografico
indetto dalla Vedanta su suggerimento della sua agenzia pubblicitaria,
nell’ambito di una campagna di comunicazione intitolata, non ci
crederete, “Creare felicità”.
Soprattutto diversi investitori hanno abbandonato la Vedanta.
Nel 2007, il Norwegian Pension Fund ha ritirato i 15,6 milioni di
dollari investiti nella compagnia, dopo aver ricevuto informazioni da
diverse organizzazioni, tra cui Amnesty International, di violazioni dei
diritti umani. Lo stesso hanno fatto, nel 2010, anche lo Joseph
Rowntree Charitable Trust e la Chiesa d’Inghilterra.
All’assemblea annuale, che si apre oggi a Londra, la Vedanta
presenterà un documento, “Vedanta Perspective”, in cui cercherà di
rassicurare gli azionisti che il suo approccio è cambiato.
Amnesty International ha visionato il documento e lo ha definito
“fuffa”. Gli azionisti ascolteranno numerose volte la parola magica
“sostenibilità” (come molte altre aziende, anche la Vedanta ha nominato
un responsabile in materia) e non mancherà un riferimento al fatto che
all’interno del Codice di condotta aziendale è stato inserito l’impegno
per i diritti umani.
L’organizzazione per i diritti umani, che pubblica oggi un contro-documento
per confutare il “Vedanta Perspective”, ha sottoposto l’operato della
Vedanta a quattro criteri elencati nei Principi guida delle Nazioni
Unite per le imprese, verificando che nessuno dei quattro viene
rispettato.
La realtà è che la Vedanta, nonostante le sentenze sfavorevoli e i
rapporti degli organismi indiani di controllo e per il rispetto dei
diritti umani, non perde di vista il suo obiettivo. Non bonifica i terreni inquinati,
non rende noti i dati sul livello e la composizione dell’inquinamento
prodotto dalla sua raffineria, non s’impegna in consultazioni pubbliche
con le comunità locali e, quando lo fa, cerca d’ingannarle con false promesse, come raccontato nel filmato pubblicato in questa pagina.
Per partecipare all’azione in difesa dei diritti umani dei Dongria
Kondh, Amnesty International India ha promosso un appello destinato alla
Vedanta Alluminium. Possiamo firmarlo qui: http://act.amnesty.org.in/stop_vedanta
E qui c'è un utilissimo briefing illustrato sul tema: http://www.amnesty.org/en/library/info/ASA20/029/2012/en
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