Non è finita la via crucis di Rimsha, la bimba pachistana che la scorsa estate ha passato tre settimane per
blasfemia, nonostante la giovane età (14 anni) e il grave disordine
mentale (la sindrome di down). Secondo indiscrezioni l’agenzia di
notizie sui cristiani BosNewsLife le autorità pachistane avrebbero riaperto
il caso dopo la denuncia di uno dei poliziotti che ha seguito
l’inchiesta. L’uomo avrebbe chiesto alla Corte Suprema una nuova
indagine perché “era stato spinto dal governo a far cadere le accuse contro Rimsha a causa dello sdegno internazionale per il suo arresto”. A dare la notizia è la Legal Evangelical Association Development (Lead).
Rimsha era stata arrestata il 17 agosto scorso e rinchiusa in una
prigione vicino ad Islamabad per aver bruciato alcune pagine che
contenevano i versetti del Corano. La ragazzina era stata rilasciata
l’8 settembre e il suo accusatore Khalid Jadoon Chishti, l’imam di
Mehrabad, lo slum di Islamabad dove è accaduto il fatto, era stato
indagato per aver fabbricato le prove, infilando fogli sacri nella
busta di plastica piena di cenere e carta bruciata che la ragazzina
portava con sé. in prigione
Da allora Rimsha vive in un luogo segreto e molti cristiani hanno lasciato Mehrabad per paura di rappresaglie. Se il caso fosse riaperto la ragazzina rischierebbe il carcere a vita.
Ma non è soltanto Rimsha ad essere in pericolo. Mercoledì prossimo, il 27 marzo, un’altra cristiana Martha Bibi (a sinistra nella foto),
47 anni, rischia di essere condannata a morte per aver pronunciato
delle frasi critiche verso Maometto durante un alterco con una donna
musulmana. Il suo avvocato Mushtaq Gill, direttore della Lead, racconta
che la donna, che ha sette figli, “è stata arrestata nel 2007 nel
villaggio di Kot Nanak Sigh dopo essere stata torturata e picchiata dai
musulmani”. Da allora Martha, che è stata rilasciata su cauzione 3 mesi dopo l’arresto, vive nell’ansia di non sapere quale sarà la sua sorte.
“I sei anni di attesa l’hanno veramente provata – dice Gill a
BosNewsLife -, l’ho incontrata prima del processo ed era molto tesa”.
Se Martha sarà condannata a morte la sua sorte si unirà a quella di Asia Bibi (non sono parenti), la contadina
cristiana che aspetta da diversi anni in carcere il processo di appello
dopo una condanna in primo grado alla pena capitale. Asia è tenuta in isolamento per evitare che gli altri detenuti la uccidano e le sue condizioni psichiche non sono affatto buone.
In Pakistan i cristiani rappresentano il 2% della popolazione
e sono duramente perseguitati. Lo scorso mese a Lahore una folla di
musulmani ha dato fuoco a 180 case, una serie di negozi e due chiese.
Spesso chi viene accusato di blasfemia rischia di essere linciato dalla
folla. E’ accaduto lo scorso dicembre nella provincia di Sindh quando la
folla inferocita ha fatto irruzione in commissariato e ha picchiato a
morte un uomo sospettato di aver bruciato pagine del Corano. Qualche
mese prima la stessa cosa era successa a Ahmedpur Est, per non parlare dei due politici,
il governatore della provincia del Punjab Salman Taseer e il ministro
federale delle Minoranze Shahbaz Bhatti, cattolico, che furono uccisi
nel 2011 per aver proposto una revisione delle leggi sulla blasfemia, una
serie di norme introdotte nel 1982 e nel 1986, con l’intento di
proteggere l’Islam e la sensibilità religiosa della maggioranza
musulmana, formulate in termini vaghi e applicate arbitrariamente da
parte della polizia e della magistratura tanto da equivalere a minacce e
persecuzioni delle minoranze religiose e dei musulmani stessi.
Dal 1990 sono state assassinate oltre cinquanta persone
sospettate di blasfemia e secondo il Centro per la ricerca e gli studi
sulla sicurezza di Islamabad le accuse sono in aumento.
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