Le
voci della società civile afghana sul processo. Karzai blocca i
rapporti con gli Usa. Nonostante l'entusiasmo dei governi occidentali,
gli afghani restano scettici sul tavolo di colloqui «aperto» in Qatar
Giuliano Battiston - 20.06.2013
«Capisco
l'entusiasmo di chi guarda le cose da lontano, ma qui in Afghanistan
trent'anni di guerra ci hanno abituato giudicare i fatti, non le
parole». Seduto nel suo ufficio di Kabul nel quartiere popolare di Deh
Afghanan, il direttore della Foundation for Culture and Civil Society,
Timur Hakimyar, guarda con scetticismo alla notizia dell'apertura
dell'ufficio politico dei Talebani in Qatar. Lo fa ancora prima che il
presidente Karzai, ieri pomeriggio, decidesse di interrompere i colloqui
con gli Stati Uniti sull'accordo di partenariato strategico. Per il
"sindaco di Kabul", gli americani ancora una volta avrebbero escluso il
governo afghano dal processo di pace, relegandolo a un ruolo di
comprimario. Lo scetticismo di Timur Hakimyar non è insolito da queste
parti. Al contrario, è un atteggiamento molto diffuso. E non dipende
dalla notizia che, appena dopo aver aperto ai colloqui, i "turbanti
neri" abbiano rivendicato l'attentato che ieri ha causato la morte di 4
soldati americani nella base di Bagram, a nord di Kabul.CONTINUA: http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/9593/
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