mercoledì 1 giugno 2011

Addio a un reporter coraggioso

MARIO CALABRESI (La Stampa)
Ogni volta che la situazione in Pakistan si incendiava, che Al Qaeda o i taleban alzavano il livello della sfida, che un attentato o un rapimento sconvolgevano quell’area immensa che va da Mumbai a Kabul, in riunione qui alla Stampa usciva sempre la stessa domanda: «Cosa dice Saleem?».

Questo giovane giornalista laico e coraggioso era la nostra bussola, ci aiutava a capire qualcosa delle trame politiche, militari e spionistiche pachistane.

Orientarsi in quel mondo complesso dove si mescolano interessi economici, politici e religiosi è esercizio quasi impossibile per un occidentale, come è impossibile capire qualcosa delle zone grigie che coprono o sponsorizzano il terrorismo islamico. Per questo contattavamo Saleem cercando di parlargli con Skype o, quando era in giro per i suoi reportage, lasciandogli una mail nella speranza che la vedesse prima della chiusura del giornale.

Il suo lavoro era prezioso anche per noi italiani in tempi in cui il Pakistan è diventato cruciale per la sicurezza globale come per il contingente che abbiamo in Afghanistan. Ma Saleem, papà di tre bambini, non era solo un buon giornalista, di quelli che si limitano a raccontare quello che succede sulla scena. Era un coraggioso analista, un reporter investigativo capace di smascherare quei legami pericolosi che hanno permesso a Osama bin Laden di vivere indisturbato per anni a poca distanza da una base militare. Non si era mai fatto scrupolo Saleem di raccontare i doppi e tripli giochi dell’Isi, il servizio segreto di Islamabad. Ma negli ultimi giorni aveva alzato il tiro con un reportage in cui sosteneva che un gruppo di ufficiali della marina militare pachistana dava copertura a una cellula di Al Qaeda. Era la prova delle continue infiltrazioni terroristiche dentro gli apparati di intelligence e militari del Pakistan.

Questa volta però, dopo le accuse americane per la copertura a Osama, il potere occulto non ha più sopportato la pretesa di fare vero giornalismo e ha deciso di spegnere quella luce che Saleem teneva accesa con un lavoro solitario e straordinariamente coraggioso.

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