Da oggi a domenica circa 3.000 delegati,
provenienti dalle 34 province afghane, si riuniranno nella Loya Jirga
(Gran Consiglio) a Kabul per esaminare l’Accordo bilaterale sulla
sicurezza (Bsa) che Afghanistan e Stati Uniti vorrebbero firmare per il
periodo 2015-2024. Amnesty International invita “i
leader afghani a chiedere che le forze militari Usa rispondano delle
azioni criminali commesse nel Paese”. ”Se firmato da entrambi i governi
il Bsa deciderà i termini della permanenza in Afghanistan dei soldati
americani dopo il 2014. Gli Usa – precisa il comunicato di AI –
manterranno diecimila militari oltre a agenti della Cia e alcuni
civili”. L’associazione per i diritti umani è convinta che la Loya
Jirga sia “un’opportunità cruciale per chiedere più trasparenza e
responsabilità agli americani” ha detto Horia Mosadiq, ricercatore per l’Afghanistan per Amnesty International.
“Finora le famiglie delle centinaia di civili uccisi dagli Usa nei raid notturni o nelle incursioni aeree non hanno alcuna informazione sui progressi compiuti nelle inchieste condotte dai militari americani. In effetti non sanno nemmeno se tali inchieste siano mai state condotte. Questo è molto preoccupante, soprattutto se parliamo di sospetti abusi che potrebbero finire per essere crimini di guerra” ha aggiunto Mosadiq.
Le posizioni di
Afghanistan e Stati Uniti sono comunque ancora molto distanti. La bozza
di intesa, frutto di due anni di complessi negoziati, si propone di permettere a Washington di mantenere per un decennio, dopo la partenza cioè delle forze da combattimento della Nato alla fine del 2014, una forza militare in territorio afghano.
Questo per sostenere esercito e polizia locali ancora troppo fragili, e
continuare la “guerra al terrorismo” e ad Al Qaeda cominciata nel 2001
con l’Operazione “Enduring Freedom”. Uno dei punti di frizione è proprio l’immunità giuridica dei militari americani mentre l’altro è la possibilità di operazioni unilaterali statunitensi in territorio afghano.
È stato per l’esistenza di questo duplice scoglio che settimane fa il
presidente Hamid Karzai ha annunciato la convocazione della Loya Jirga,
strumento decisionale tradizionale della storia afghana già utilizzato
altre volte in passato per l’approvazione della Costituzione o
dell’avvio di negoziati di pace con i talebani. Tale Gran Consiglio avrà
solo valore consultivo per il capo dello Stato e per il Parlamento che
alla fine dovrà votare sul progetto, ma è difficile immaginare che il
verdetto emerso dal dibattito di ben 532 anziani tribali con
parlamentari, religiosi, rappresentanti della società civile e
delle organizzazioni femminili, possa essere trascurato.
Fatto sta però che non è ancora noto il testo della bozza che verrà sottoposta ai delegati,
nè ne è stata approntata una traduzione in pashtun e dari, le due
lingue nazionali afghane. Negli ultimi giorni favorevoli e contrari alla
firma dell’Accordo si sono dati battaglia, con i primi che hanno
messo in risalto la necessità che l’Afghanistan disponga di sostegno per
poter organizzare con calma la propria sicurezza. Ed i secondi che
hanno contestato il perpetuarsi della presenza Usa definendola una “interferenza”
negli affari regionali. Per migliorare le possibilità di approvazione,
Karzai e il segretario di Stato americano John Kerry hanno tenuto una
lunga conversazione telefonica in cui si è convenuto che il presidente Barack Obama invierà ai delegati una lettera in cui si impegna a far sì che i militari americani non ripetano “gli errori del passato”.
Ma in ogni caso, ha sottolineato il consigliere per la Sicurezza
nazionale della Casa Bianca, Susan Rice, “è escluso, come qualcuno ha
detto, che possa trattarsi di scuse “.
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