In un paese dilaniato dalle bombe, il 2 settembre il presidente dell’Afghanistan, Hamid Karzai, ha proposto al parlamento la nomina di Asadullah Khalid a capo della Direzione nazionale per la sicurezza, i servizi segreti del paese.
Khalid è stato governatore della provincia di Ghazni tra il 2001 e il
2005 e della provincia di Kandahar dal 2005 al 2008. Ed è in questi due
ruoli che Khalid è accusato del coinvolgimento diretto o indiretto in crimini di diritto internazionale, tra cui torture e uccisioni illegali.
Khalid, un fedelissimo del presidente Karzai, non è mai stato
chiamato a rispondere del suo operato. Diamogli la presunzione
d’innocenza e chiamiamolo “sospetto torturatore”.
Leggete intanto cosa dice di lui Richard Colvin, primo segretario dell’Ambasciata del Canada negli Stati Uniti, nel corso di un’audizione del Comitato speciale sulla missione in Afghanistan del parlamento canadese nel 2009:
“Dal maggio o giugno 2006 si sapeva che era un pessimo soggetto
nel campo dei diritti umani. Si sapeva che aveva una prigione
sotterranea, nella sua ex provincia di Ghazni, dove era solito
imprigionare le persone per ottenere denaro e alcune di loro sparivano.
Si sapeva che gestiva attività legate agli stupefacenti. Aveva una banda
di criminali che uccideva per suo conto. Poi, a Kandahar, scoprimmo che
aveva costruito un’altra prigione sotterranea, sotto la sua abitazione.
Si sapeva che torturava personalmente i detenuti in quella prigione
sotterranea”.
Come governatore di Kandahar, Khalid era responsabile anche della Brigata 888, responsabile dell’arresto e della tortura
di persone sospettate di avere legami coi talebani o con altri gruppi
armati. Le torture avevano luogo sotto casa di Khalid, nella prigione
sotterranea descritta da Colvin.
Nel 2007 Amnesty International ha pubblicato un rapporto sulle
torture praticate all’interno del centro di detenzione della Direzione
nazionale per la sicurezza a Kandahar. Come governatore della provincia,
Khalid aveva la completa supervisione su tutti i dipartimenti
provinciali, compresi i servizi di sicurezza.
Khalid sarebbe anche coinvolto nell’attentato dell’aprile 2007 contro un veicolo delle Nazioni Unite, sempre a Kandahar, in cui persero la vita cinque operatori.
In definitiva, ci sono tutti gli elementi perché il
parlamento afgano ci pensi due volte prima di procedere alla nomina di
Khalid. E sarebbe bene che anche i partner internazionali
dell’Afghanistan si occupassero della questione (e magari anche di
altre, come i continui attacchi dei gruppi armati contro i civili).
Alla dichiarazione finale della Conferenza dei donatori di Tokyo,
due mesi fa, il presidente Karzai ha incassato la promessa di 16
miliardi di dollari di aiuti per i prossimi quattro anni e si è
impegnato a costruire uno stato dalle solide fondamenta, basato “sullo
stato di diritto, sull’indipendenza del potere giudiziario e sul buon
governo”.
Mettere i servizi segreti in mano ad Asadullah Ahmid non pare andare in questa direzione.
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