lunedì 21 aprile 2014

India, la Corte suprema si schiera dalla parte delle persone transgender.

india_lgbti


La sentenza emessa il 15 aprile dalla Corte suprema indiana è stata accolta con grande soddisfazione da almeno tre milioni di cittadine e cittadini e dalle organizzazioni che lottano per il rispetto dei diritti umani delle persone transgender.
La Corte suprema ha infatti stabilito che la discriminazione basata sull’identità di genere viola i diritti, garantiti dalla Costituzione, all’uguaglianza, alla libertà d’espressione, alla riservatezza, all’autonomia e alla dignità.
La Corte ha anche chiesto al governo federale e a quelli degli stati indiani di garantire il riconoscimento legale del genere cui le persone transgender sentono di appartenere: “uomo”, “donna” o “terzo genere” e di porre in essere azioni e politiche sociali in loro favore, soprattutto nel campo della scuola e del lavoro.
Questa sentenza può migliorare la vita di tantissime persone che in India, da decenni, subiscono stigma e oppressione (ne parla tra l’altro “Naleena”, un bel documentario del regista Luigi Storto).
Le organizzazioni per i diritti umani auspicano ora che la sentenza della Corte suprema spinga il nuovo parlamento che s’insedierà al termine delle elezioni ad abolire l’articolo 377 del codice penale, che considera reato le relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso adulte e consenzienti.
Questo articolo non è affatto un riflesso dei valori e delle tradizioni indiane quanto un lascito giuridico dei valori morali dello stato colonizzatore, la Gran Bretagna.
Formulato infatti nel 1861 e mutuato dalla legislazione britannica dell’epoca, l’articolo 377 afferma che “chiunque abbia volontariamente relazioni carnali contro l’ordine naturale con qualsiasi uomo, donna o animale sarà punito” con pene varianti fra alcuni anni di prigione e l’ergastolo “e multato”.
Proprio la stessa Corte suprema, appena lo scorso dicembre, aveva annullato una sentenza dell’Alta corte di Delhi nel 2009, secondo la quale la messa al bando delle relazioni omosessuali tra adulti consenzienti era discriminatoria e violava i diritti all’uguaglianza, alla privacy e alla dignità stabiliti nella costituzione indiana.
L’Alta corte aveva sostenuto che la criminalizzazione dell’omosessualità aveva forzato “una parte consistente della società … a vivere la loro vita all’ombra di molestie, sfruttamento, umiliazione, trattamento crudele e degradante per mano del meccanismo di applicazione della legge”.
Ora anche la Corte suprema sembra pensarla allo stesso modo.

Nessun commento:

Posta un commento