martedì 22 febbraio 2011

India

21 Gennaio 2011
La situazione dei difensori dei diritti umani in India
NEW DELHI – Margaret Sekaggya, Special Rapporteur dell’Onu sulla situazione dei Difensori dei Diritti Umani ha espresso preoccupazione per la contrazione dello spazio dedicato alla società civile in India, nonostante nel paese siano presenti “una legislazione completa e progressive a garanzia dei diritti umani e delle libertà fondamentali , una Commissione Nazionale per i diritti umani e un insieme di commissioni statali il cui mandato è quello di promuovere e proteggere i diritti umani”.  Margaret Sekaggya ha affermato di essere particolarmente allarmata dalla situazione dei “difensori dei diritti umani impegnati nella lotta per il riconoscimento dei diritti fondamentali degli individui e delle comunità marginalizzare come i Dalit, gli Adivasi, le minoranze religiose e sessuali […]”.
Sekaggya ha elencato testimonianze di omicidi, torture, maltrattamenti, sparizioni, minacce, detenzioni arbitrarie, pedinamenti e calunnie ai danni di numerosi difensori dei diritti umani e delle loro famiglie a causa dell’impegno per l’affermazione dei diritti e delle libertà fondamentali di ogni cittadino. Secondo Sekaggya, la Commissione Nazionale e le commissioni statali per i diritti umani dovrebbero fare molto di più per garantire la sicurezza dei difensori dei diritti umani in tutto il paese. A tal fine, ha fatto appello al governo centrale affinché riveda il funzionamento della Commissione Nazionale per i diritti umani e ne rafforzi i poteri.
L’esperta ha anche messo in evidenza “l’applicazione arbitraria delle leggi di sicurezza a livello nazionale e statale, in particolare della Legge di Pubblica Sicurezza e della Legge sui Poteri Speciali delle Forze Armate, della Legge di Pubblica Sicurezza e di quella per la Prevenzione di Attività Illegali approvate dallo stato del Jammu & Kashmir, in quanto questi provvedimenti legislativi hanno effetti negativi sul lavoro dei difensori dei diritti umani”. Sekaggya ha chiesto al governo indiano di abolire la Legge sui Poteri Speciali delle Forze Armate e quella di Pubblica Sicurezza e di riconsiderare l’applicazione di altri decreti legati alla sicurezza che hanno un impatto negativo sulla situazione dei difensori dei diritti umani.
“Sono profondamente turbata dalla stigmatizzazione dei difensori dei diritti umani, bollati di volta in volta come maoisti, terroristi, militanti, ribelli e anti-nazionalisti” ha affermato Sekaggya. I difensori dei diritti umani, giornalisti inclusi, che denunciano le violazioni messe in atto da attori statali e non statali in aree caratterizzate da movimenti rivoluzionari sono presi di mira sia dallo Stato che dai ribelli. “Faccio appello alle autorità affinché si assicurino che le forze di sicurezza rispettino il lavoro dei difensori dei diritti umani, conducano inchieste rapide e indipendenti sulle violazioni commesse contro i difensori dei diritti umani e processino i colpevoli di tali violazioni”. […]

10 Febbraio 2011
Caso Sen: aggiornamenti
Bilaspur (Chhattisgarh) – L’Alta Corte dello stato del Chhattisgarh ha bocciato la richiesta di libertà provvisoria su cauzione inoltrata  dall’attivista per I diritti umani Binayak Sen, condannato all’ergastolo per sedizione e per i suoi contatti con i gruppi maoisti. […] La famiglia Sen e sostenitori del dottor Sen hanno definito “deludente” la decisione della Corte e hanno annunciato che faranno appello alla Corte Suprema. Al momento il dottor Sen è detenuto presso la prigione centrale di Raipur.
Articolo completo in lingua inglese: http://www.sify.com/news/court-rejects-binayak-sen-bail-plea-activists-disappointed-news-national-lckq4hehfgi.html
Amnesty International sta attivamente partecipando alle proteste contro questa ingiusta sentenza sia in India che a Londra. Per seguire costantemente l’evoluzione del caso, consiglio la consultazione del blog http://livewire.amnesty.org/2011/02/08/the-fate-of-dr-binayak-sen-will-help-to-show-the-real-india/.



17 February 2011
Thailandia/India/Indonesia:  I Rohingya hanno bisogno di protezione


Centinaia di persone di etnia Rohingya in fuga dalle sistematiche persecuzioni in atto in Myanmar necessitano di accoglienza immediata da parte della Thailandia, dell’India e dell’Indonesia.

Un gruppo di 91 persone, considerate come appartenenti al popolo Rohingya e sbarcate sulle coste delle isole Andamane (India) all’inizio di Febbraio 2011, hanno affermato di essere state costrette dalla marina tailandese a imbarcarsi con poche scorte di acqua e cibo su una nave senza motore a Gennaio 2011. Le autorità tailandesi, invece, sostengono di aver riportato in Myanmar le 91 persone detenute in Tailandia alla fine di Gennaio 2011. Amnesty International ha chiesto che il governo tailandese intraprende un’indagine rapida, indipendente e trasparente per stabilire la verità intorno a questo grave episodio. Risulta, infatti, che le autorità tailandesi, a partire da Gennaio 2011, abbiano imprigionato centinaia di individui appartenenti al popolo  Rohingya, bambini inclusi. […]

I Rohingya, che vivono nello stato del Rakhine in Myanmar, subiscono sistematiche persecuzioni da parte delle autorità birmane. In molti casi sono costretti ai lavori forzati, sono vittime di sgomberi violenti e della confisca illegale delle loro terre oltre ad essere sottoposti a gravi restrizioni della libertà di movimento. Il governo del Myanmar rifiuto di concedere loro la cittadinanza, rendendoli di fatto apolidi e violando i loro diritti riconosciuti a livello internazionale. Per questo, numerosi Rohingya sono fuggiti in Bangladesh o sono emigrati verso altri paesi in cerca di lavoro.

Tra la fine del 2008 e l’inizio del 2009, le forze di sicurezza tailandesi hanno respinto centinaia di Rohingya costringendoli a lasciare le coste della Thailandia su imbarcazioni inadeguate e pericolose. A causa di ciò, alcuni Rohingya sono morti in mare. Coloro che invece sono stati salvati sono ancora detenuti sulle isole Andamane (India) senza uno status preciso e senza che le autorità indiane abbiano valutato il loro diritto a richiedere asilo.

Amnesty chiede ai governi della Thailandia, dell’India  e dell’Indonesia di agire secondo gli obblighi stability dal diritto internazionale, assicurando alle persone di etnia Rohingya presenti sul loro territorio pieno accesso alle procedure burocratiche per la richiesta dello status di rifugiati e di permettere all’Agenzia delle nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) di offrire loro assistenza. Amnesty International sostiene che i Rohingya rischierebbero di subire nuove violazioni dei diritti umani se rimpatriati in Myanmar. Amnesty International ha chiesto al Myanmar di mettere fine alle persecuzioni sistematiche rivolte al popolo Rohingya. Amnesty ha inoltre richiesto agli stati che confinano con il Myanmar di consentire all’UNHCR di entrare immediatamente in contatto con i Rohingya presenti sul loro territorio e di ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite relativa allo status dei Rifugiati  e la Convenzione delle Nazioni Unite sullo status degli apolidi.
Comunicato stampa integrale in lingua inglese:

Pakistan


1 – LEGGI SULLA BLASFEMIA……Una sintesi di quanto detto in passato.
AI ha chiesto al Pakistan nell’agosto del 2009 di modificare o abolire, entro un anno, la legislazione sulla blasfemia. AI chiede al governo di proteggere le minoranze religiose, spesso attaccate e perseguitate. Le minoranze oggetto di violenza sono gli ahmadi, i cristiani, gli sciiti, i sikh, e gli hindu.
AI ha accolto positivamente l’annuncio del primo ministro Gilani a proposito di un comitato incaricato di migliorare le leggi che vanno a detrimento dell’armonia religiosa. La legislazione sulla blasfemia è stata approvata dal 1982 al 1986 durante la dittatura militare di Zia ul-Haq che ha usato l’Islam per accrescere il consenso popolare per il suo regime.
Le leggi sulla blasfemia hanno portato a un clima di violenza scatenata da motivi religiosi e hanno dato luogo a numerosi omicidi. L’applicazione della legge è spesso arbitraria ed è all’origine di persecuzioni per motivi religiosi. Nel 2009 cinque ahmadi, tra cui un minore, sono stati arrestati per false accuse di blasfemia, senza prove o testimoni. Le accuse sono spesso motivate solo dall’appartenenza religiosa della persona o da inimicizie personali. La polizia spesso non indaga come dovrebbe e i giudici sono maldisposti verso le minoranze religiose.
AI chiede, in particolare, l’abolizione dell’articolo 295.C del Codice Penale pakistano che prevede la pena di morte per i reati di blasfemia. AI chiede al Pakistan di garantire i diritti umani delle minoranze, come previsto dalla Costituzione pakistana e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani che nell’articolo 18 stabilisce che “ognuno ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”.
AI richiede che siano adottate delle misure contro la discriminazione religiosa e un programma educativo, aperto a tutti i settori sociali, per promuovere l’eguaglianza e il rispetto delle differenze religiose.


 
 2 – AASIA BIBI

Aasia Bibi resta in carcere e resta sospeso l’appello a suo favore. Attualmente è in isolamento, confinata, protetta 24 ore su 24 da una guardia armata, ciò per il timore che possa essere uccisa. La famiglia è in pericolo, ed è in un luogo nascosto.
Non è mai stata eseguita alcuna condanna a morte in Pakistan per il reato di blasfemia, quindi è scarsamente probabile che la sentenza di condanna a morte sia messa in atto.
 
Il 29 novembre  2010 l’Alta Corte di Lahore durante l’udienza riguardante la petizione sul caso Bibi ha emanato un’ordinanza secondo cui il Presidente Zardari non può perdonare la Bibi.
Si dice che è dovere della Corte valutare l’evidenza delle prove e, in base a questo, prendere una decisione basata sulla presunta innocenza o colpevolezza.  La Corte è stata criticata da una nota attivista per i diritti umani, Asma Jahanghir, che si è detta sorpresa che sia stato ordinato un blocco per un’azione che deve ancora avvenire. Inoltre per la Jahangir l’atto della Corte mina le prerogative costituzionali del Presidente che in base all’articolo 45 della Costituzione ha il potere di perdonare in relazione a qualsiasi sentenza rilasciata da qualsiasi corte. Su Aasia Bibi si rimanda all'Azione Urgente http://www.amnesty.ie/our-work/urgent-action-pakistan
 
Il Presidente Zardari dovrebbe usare i suoi poteri per commutare la sentenza di morte in base all' Articolo 5 della Costituzione. Le autorità pakistane dovrebbero immediatamente rilasciare Aasia Bibi, a meno che non sia accusata di un reato riconosciuto a livello internazionale, e in ogni caso dovrebbe essere processata in base agli standard legali internazionali. Dovrebbe essere garantita la sua sicurezza e quella della sua famiglia.

3 – REAZIONI VIOLENTE DEGLI ESTREMISTI PAKISTANI

L’ampia attenzione riservata dai media occidentali al caso Bibi ha provocato reazioni violente in Pakistan e ha messo in difficoltà il Presidente Zardari che deve decidere sulla questione.   
Ci sono state moltissime manifestazioni in Pakistan, promosse da settori religiosi ultraconservatori che hanno chiesto al Presidente di non perdonare la Bibi. Alcuni hanno persino invitato i buoni musulmani a ucciderla in caso di un suo rilascio. Si può a questo proposito leggere un articolo del Guardian:http://www.guardian.co.uk/world/2010/dec/06/cleric-pakistani-christian-woman-blasphemy

Maulana Yousuf Qureshi, l’Imam della Moschea di Mohabat Khan a Peshawar ha offerto 500,000 rupie (4,500 euro) come compenso per chi uccida  Aasia nel caso che sia assolta.  I cittadini preoccupati da questo fatto hanno chiesto alle corti e alla polizia di indagare.
4 – LE MINORANZE RELIGIOSE IN PAKISTAN

Bisogna sottolineare che i cristiani non sono l’unica  minoranza religiosa  perseguitata in Pakistan. Le leggi sulla blasfemia sono usate indiscriminatamente contro musulmani e non musulmani. E' importante far capir che AI non si preoccupa solo dei diritti dei cristiani ma anche delle altre minoranze religiose e dei musulmani.
 
A questo proposito, riteniamo utile elencare le principali confessioni religiose del Pakistan.
 
Musulmani173,000,000 (97%) (maggioranza sunnita, 5-20% sciiti and 2.3% ahmadi). Induisti 2,800,000 (1.6%) Cristiani 2,800,000 (1.6%) Sikh 20,000 (0.001%) Ci sono anche zoroastriani, buddisti, ebrei, bah'ai, animisti tra cui il gruppo più importante è costituito dai Kalasha di Chitral.
 

5 – ANCORA SULLE LEGGI SULLA BLASFEMIA

Il Pakistan è un paese molto sensibile dal punto di vista religioso. Il dibattito sulla blasfemia non deve apparire come uno scontro tra chi è contro la blasfemia e non rispetta l'Islam e chi supporta le leggi sulla blasfemia per difendere l’Islam.  Va posta la dovuta attenzione sul bisogno di giustizia, sulla necessità di riformare queste leggi perché troppo facilmente portano ad abusi e perché sono utilizzate con cattive intenzioni. Le leggi sulla blasfemia hanno, infatti, favorito un clima di violenza religiosa e persecuzione. Queste leggi sono generiche e sono usate arbitrariamente dalla polizia e dalla magistratura per perseguitare minoranze religiose e confessioni islamiche minoritarie. Le accuse formulate in base a queste leggi sono spesso fondate su accuse malevole, inimicizie personali,  desiderio di sottrarre terre ad avversari, di ottenere tornaconti personali, e colpiscono le minoranze religiose. Ci sono notizie di atteggiamenti scorretti da parte di alcuni giudici nei confronti delle minoranze religiose.

6 – OMICIDIO TASEER E CONSEGUENZE

L’omicidio del governatore del Punjab, Salman Taseer, che stava cercando di riformare le leggi per la blasfemia ed era favorevole alla grazia per la Bibi, ha riportato il dibattito sulla riforma delle leggi sulla blasfemia indietro di anni se non di decenni. Malik Mumtaz Hussein Qadri, una guardia del Punjab Elite Force ha confessato l’omicidio.  Ha dichiarato agli investigatori di essere arrabbiato con Taseer per via delle sue posizioni sulle leggi sulla blasfemia. E’ stato poi arrestato e detenuto).
 
L’omicidio di Taseer e la paura di ulteriore violenza affievoliscono le voci moderate e paralizzano i membri della società civile, rendendoli esitanti e restii a discutere liberamente e ad agire pubblicamente per porre fine alla discriminazione delle minoranze. L’ex ministro dell’Informazione e legislatrice del PPP Sherry Rehman, ha presentato nel novembre scorso una proposta di riforma delle leggi sulla blasfemia attraverso l’introduzione di rilevanti cambiamenti volti ad assicurare che non ci siano abusi.  Sherry Rehman e altre persone impegnate a chiedere la riforma delle leggi o che hanno parlato contro le stesse leggi, come il ministro per le minoranze, il cristiano Shabhaz Bhatti, e il giornalista Ali Chishti, hanno ricevuto minacce di morte. Alcuni cittadini hanno chiesto alle corti e alla polizia di indagare su questi fatti. Sherry Rehman ha di recente fatto marcia indietro in relazione alla sua proposta.

7 – BLASFEMIA RACCOMANDAZIONI FINALI 

Le raccomandazioni principali sulle leggi sulla blasfemia restano queste:
 
1- Il governo del Pakistan deve emendare o abolire le leggi sulla blasfemia , in particolare la sezione 295C del Codice Penale Pakistano che prevede la pena di morte per chiunque sia trovato colpevole di blasfemia; 
 
2- Il governo del Pakistan deve impegnarsi a rivedere e migliorare “le leggi che vanno a scapito dell’armonia religiosa, come annunciato dal Primo Ministro Gilani nell’agosto del  2009;
 
3- Il governo del Pakistan dovrebbe introdurre un’immediata moratoria su tutte le esecuzioni in linea col trend internazionale e in vista di un eventuale abolizione della pena di morte.
 
4- E’ importante, comunque, focalizzare l’attenzione non solo sul caso di Aasia Bibi ma sulle leggi sulla blasfemia e sul danno che provocano non solo alle minoranze religiose ma anche ai musulmani.  E’ importante non inasprire i conservatori religiosi del Pakistan.
8 – SPARIZIONI. AGGIORNAMENTO

Nel marzo del 2010 il governo pakistano ha annunciato la creazione di una Commissione Giuridica per indagare sui casi di sparizione forzata e rintracciare gli scomparsi: La Commissione è stata criticata per il mandato ristretto, per non essere riuscita a registrare le prove fornite da persone che erano scomparse e che sono poi state rilasciate riguardo le circostanze della loro scomparsa, per non aver utilizzato queste informazioni per mettere fine all’impunità. Inoltre è stata criticata perché non ha indagato abbastanza sul ruolo delle agenzie d’intelligence, che sono il corpo principalmente accusato di coinvolgimento nelle sparizioni. Inoltre non è stato chiesto ai funzionari accusati di render conto delle proprie responsabilità.

La Commissione ha iniziato le udienze il 28 aprile e ha raggiunto le sue conclusioni il 31 dicembre del 2010.  I risultati sono stati trasmessi in forma di rapporto al Governo Federale. Il giudice Javad Iqbal ha chiesto al governo una risposta al rapporto  della commissione.  Il rapporto resta attualmente classificato. Il 10 gennaio del  2011 sono riprese le udienze sugli scomparsi alla Corte Suprema.  Il rapporto della Commissione Giuridica è stato presentato alla Corte. Durante l’udienza è emerso che la Commissione è riuscita a rintracciare 134 persone che erano scomparse. La lista di queste persone non è pubblica. Alcuni familiari di persone presenti nella lista sono stati informati, non tutti.  Tutti questi 134 casi sono relativi a casi recenti, a sparizioni risalenti al 2009-2010. Non c’è traccia delle persone scomparse durante il regime di Musharraf.
La Commissione ha suggerito che l’Assemblea Nazionale del Pakistan introduca nella legislazione una norma per prevenire le sparizioni.

Restano irrisolti i casi individuali di  Masood Janjua, Faisal Faraz,  Atiq-ur Rehman.

 

Sri Lanka

10 Febbraio 2011
In occasione del triste anniversario della scomparsa del difensore dei diritti umani Pattani Razeek Amnesty International  rinnova il suo appello al Governo dello Sri Lanka per richiedere la consegna nelle mani della giustizia dei responsabili del rapimento .
Yolanda Foster, ricercatrice di Amnesty International in Sri Lanka, ha detto
“Abbiamo capito che coloro che sono stati identificati come sospetti sono strettamente collegati al governo. Il governo deve dimostrare di non tollerare gli abusi di potere e deve fare in modo di portare i responsabili del sequestro di Pattani Razeek, indipendentemente dal loro rango e dal loro status, davanti alla giustizia. Amnesty  International fa appello al governo dello Sri Lanka affinchè
-          Siano immediatamente indagate e rese pubbliche le condizioni in cui si trova Pattani Razeek, che risulta scomparso dall’11 Febbraio 2010, e sia informata la sua famiglia;
-          Sia dichiarato il luogo di detenzione. Razeek dovrebbe essere trasferito in un luogo in cui possono avere accesso i membri della sua famiglia, il suo avvocato e i membri della corte.
-          Sia immediatamente rilasciato a meno che non sia accusato di qualcosa di rilevante a livello di diritto internazionale e che sia rinviato ad una corte indipendente;
-          Siano  identificati i responsabili del sequestro di Pattani Razeek e siano assicurati alla giustizia indipendentemente dal loro rango e dal loro status.
Background
Pattani Razeek è scomparso l’11 Febbraio del 2010 nella città di Polonnaruma, una delle province dello Sri Lanka nella parte centro settentrionale del paese. La polizia di Puttalam ha identificato l’uomo considerato la prima persona sospettata del sequestro di Razeek, ma al momento dell’interrogatorio  dell’accusato, che risulta essere molto probabilmente un ex collega di Razeek, è emerso essere un collaboratore del Ministero dell’industria e del commercio, questo secondo il report della polizia.  La persona sospettata avrebbe effettuato delle chiamate dalla Sim-card del cellulare di Pattani Razeek dopo la sua scomparsa. Il sospettato resta ancora in libertà e ha richiesto il rilascio anticipato su cauzione.
Razeek è un noto difensore dei diritti umani. Al momento della sua scomparsa egli era il Gestore fiduciario della Community Trust Fund, una organizzazione non governativa dello Sri Lanka situata nella città di Puttalam nella provincia nord occidentale dello Sri Lanka. Nel febbraio 2010 il loro veicolo è stato intercettato da un furgone bianco mentre tornava a casa dopo una visita con i suoi colleghi. Pattani Razeek si è avvicinato all’uomo nel veicolo bianco e si è scambiato dei saluti in arabo. E’ ritornato al veicolo della CTF dai suoi colleghi e ha detto che si sarebbe unito al gruppo nel furgone bianco, che secondo le sue stesse parole si stava dirigendo a Valaichenai, una città nella provicnia orientale, rassicurando i suoi colleghi che li avrebbe rincontrati più tardi. Non si sono mai rincontrati,i suoi colleghi non l’hanno più rivisto e Razeek non è mai tornato a casa.
In seguito alla sua scomparsa la sua famiglia ha ricevuto diverse richieste di rilascio dei presunti sequestratori di Razeek.
Contemporaneamente alla sua scomparsa è stata lanciata una campagna diffamatoria contro Razeek attraverso volantini e attraverso delle voci false sul suo conto inerenti alla sua attività politica e alle sue attività per la difesa dei diritti umani, con lo scopo di scoraggiarla. Una dichiarazione pubblica rilasciata da M. M. Irshad, Segretario Parlamentare del  ministro Rishad Bathiudeen in seguito alla scomparsa di Razeek afferma che Razeek è stato detenuto dal Ministro della difesa a causa della sua attività che avevano come scopo il trasferimento di denaro verso le LTTE.

lunedì 21 febbraio 2011

Buone notizie dall'India.

Mushtaq Ahmad Sheikh, un bambino di 14 anni, è stato rilasciato il 10 febbraio 2011 dopo un periodo di detenzione durato quasi dieci mesi. Era stato arrestato intorno alla metà dell'aprile 2010 a Srinagar, capitale dello stato di Jammu e Kashmir, nel corso di una retata di dimostranti che stavano lanciando pietre contro i soldati. Per tutto il tempo, è stato tenuto in un carcere privo di sezioni speciali per i minorenni. Amnesty International aveva lanciato un'azione urgente in suo favore.

martedì 8 febbraio 2011

Maldive: le prime elezioni locali di sempre.

Sabato 5 febbraio si sono svolte nelle Maldive le prime elezioni locali di sempre: rinnovate le giunte delle città di Male' e Addu, di vari atolli e isole. Il MDP (Maldivian Democratic Party, partito del presidente Nasheed) sembra prevalere nelle città,  il DRP (Dhivehi Rayyithunge Party, partito sostenuto dall'ex presidente Gayoom, per trent'anni alla guida del paese) nelle isole e negli atolli.


http://www.dhivehiobserver.com/

http://www.haveeru.com.mv/english/

http://minivannews.com/

venerdì 4 febbraio 2011

Pakistan: legge sulla blasfemia.

Sherry Rehman, esponente del Pakistan People’s Party (PPP), ha ritirato la proposta di emendamenti alla legge sulla blasfemia e si dice pronta a seguire le indicazioni del partito di governo, si legge sul sito della BBC.
 http://www.bbc.co.uk/news/world-south-asia-12355001
La parlamentare pakistana – minacciata di morte dai fondamentalisti islamici per aver proposto una revisione della controversa norma – ha deciso di seguire la linea del PPP e del premier Gilani, che blocca di fatto ogni discussione di modifica della legge. Questo avviene nel clima di paura successivo all'uccisione del governatore del Punjab Taseer da parte di una guardia del corpo lo scorso gennaio. Taseer si era dichiarato contrario alla legge.
Centinaia di persone sono in prigione per colpa di questa legge che penalizza in particolare le minoranze religiose.

La polizia pakistana ha arrestato un liceale di 17 anni, colpevole di blasfemia verso l’islam in un compito in classe previsto per gli esami di fine anno. HUman Rights watch ha chiesto l'immediato rilascio del ragazzo.