domenica 30 gennaio 2011

Pakistan: donna cristiana rischia l'esecuzione

Aasia Bibi, donna pakistana cristiana, è stata condannata a morte in base alla legge sulla blasfemia del suo paese.

L'8 novembre 2010, Aasia Bibi, 45 anni, madre di cinque bambini è stata riconosciuta colpevole di blasfemia e condannata a morte dalla corte di Nankana, circa 75 chilometri a ovest della città di Lahore nella provincia del Punjab, per aver insultato il profeta Maometto. La sentenza è stata emessa in base a quanto disposto dalle sezioni 295B e 295C del codice penale pakistano.

Aasia Bibi, residente a Ittanwali, era stata arrestata nel giugno 2009. Mentre lavorava come bracciante le è stato chiesto dalla moglie di un anziano del villaggio di andare a prendere l'acqua potabile. Sembra che altre lavoratrici musulmane si siano rifiutate di bere l'acqua, dicendo che era sacrilego e "impuro" accettare acqua da Aasia Bibi, in quanto non musulmana. Aasia Bibi si sarebbe offesa e avrebbe chiesto: "Non siamo tutti esseri umani?", scatenando una lite. Le donne avrebbero denunciato a Qari Salim, il religioso locale, il fatto che Aasia Bibi aveva fatto osservazioni dispregiative sul profeta Maometto. Il religioso ha informato la polizia locale, che l'ha arrestata con l'accusa di aver insultato il profeta Maometto.

Aasia Bibi rigetta tutte le accuse e suo marito, Ashiq Masih, considera la sua condanna basata su "accuse false". Tuttavia, il giudice del processo, Naveed Iqbal, ha "totalmente escluso" la possibilità di accuse false e ha detto che non c'erano "circostanze attenuanti". Aasia Bibi ha presentato ricorso contro la sentenza presso la Corte di Lahore. È in carcere e detenuta in isolamento dal giugno 2009. Ha affermato di non aver avuto accesso a un avvocato durante il periodo di detenzione e l'ultimo giorno del processo.


Per firmare l'appello:  www.amnesty.it 

sabato 15 gennaio 2011

L'Italia per Asia Bibi: libertà, giustizia, diritti umani. Manifestazione in Piazza Montecitorio a Roma, il 26 gennaio

COMUNICATO STAMPA
    
LIBERTA’ E GIUSTIZIA PER ASIA BIBI  
La campagna in favore della donna costa la vita al governatore del Punjab Manifestazione di pace e solidarietà a Roma il 26 gennaio.
 
L'attenzione internazionale intorno al caso di Asia Bibi, la prima donna condannata  a morte per blasfemia in Pakistan, non può e non deve calare: ne è la tragica dimostrazione il brutale assassino del governatore del Punjab, Salman Taseer, musulmano e membro del Pakistan People's Party, assassinato oggi a Islamabad da un uomo della sua stessa scorta.
 
Il governatore Taseer si era esposto in prima persona in favore di Asia Bibi, incontrandola, dichiarandone l'innocenza e prodigandosi con il presidente Ali Zardari per far ottenere la grazia alla donna. Le sue posizioni moderate in favore di Asia Bibi e di una modifica della discussa legge sulla blasfemia gli sono costate la vita: segno del crescente clima di intolleranza che si diffonde nel paese.
 
Esprimiamo il nostro cordoglio al Governo del Punjub e ai familiari del governatore. Di fronte a questo evento, oggi occorre ribadire l'urgenza del rispetto della libertà religiosa, della dignità e dei diritti inalienabili di tutti i cittadini del Pakistan, a qualsiasi religione appartengano. Urge rilanciare un messaggio di pace, di vicinanza e di solidarietà ad Asia Bibi, chiedendone l’immediato rilascio. Urge rimarcare il pieno appoggio a tutte le diverse organizzazioni, cristiane e musulmane, impegnate in Pakistan per la abolizione o la revisione della legge sulla blasfemia, per la legalità, per la difesa dei diritti umani, per la pace. Urge ribadire il diritto, universalmente riconosciuto, alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione.
Per questo è stata indetta la manifestazione:

 
L'Italia per Asia Bibi:  libertà, giustizia, diritti umani
Manifestazione in Piazza Montecitorio a Roma,
il 26 gennaio 2010, dalle 11.30 alle 13.30


Il Comitato promotore dell’iniziativa è composto da:
Associazione Parlamentari Amici del Pakistan - Associazione di Cooperazione Internazionale Italia-Pakistan (Isiamed) - Associazione Pakistani cristiani in Italia;  Amnesty International – Sezione Italiana; Comunità di Sant'Egidio; TV2000; Religions for Peace; Umanitaria Padana Onlus
 

giovedì 13 gennaio 2011

Pakistan: la controversia sulla sentenza di morte per “Blasfemia” è un serio campanello d’allarme per il paese.


Di Sam Zafiri, Amnesty International Programme Director for the Asia-Pacific

La protesta internazionale sul caso di Asia Bibi, la donna cristiana pachistana condannata a morte per blasfemia, ha fatto scoppiare una rivolta interna contro la presunta influenza dell’Occidente in Pakistan. Ciò ha posto il governo in una difficile posizione – una posizione che si è costruito con le sue stesse mani.
La Corte Suprema di Lahore ha sentenziato che il Presidente non è nella posizione di graziare Asia Bibi perchè il suo caso è ancora in appello. Il governo aveva fatto alcuni passi verso una possibile grazia ma la sentenza è stata emessa tra le pressioni dei partiti politici conservatori e le proteste di strada, incluse quelle a favore di un’immediata esecuzione della donna.
Più il Pakistan si trova a dover fronteggiare la condanna della comunità internazionale per le sue leggi discriminatorie o le persecuzioni a danno delle minoranze religiose quali Shi’as, Ahmadi e Cristiani, più questi casi fomentano gli umori anti-occidentali che vanno assumendo, in questo modo, vita propria senza che nessuno sia in grado di predirne l’esito, sia all’interno che all’esterno del Pakistan.
Gli estremisti religiosi non si limitano più negli attacchi alle minoranze religiose e hanno preso di mira anche i Sunniti, che non considerano sufficientemente estremisti, e vari gruppi di Sufi che da secoli sono parte integrante della cultura religiosa del paese.
A dispetto della prudenza, per non provocare gli estremisti contro il Governo da un lato, e per evitare di prendere decisioni chiare dall’altro, il Governo pachistano ha procrastinato ogni azione verso le leggi contro la blasfemia. In questo modo però, hanno fallito nel prevenire delle ingiustizie platealmente oltraggiose che hanno gridato l’attenzione dell’Occidente come il caso di Asia Bibi: una grave violazione dei diritti umani che ha generato, e genera, terribili PR e può essere risolta solamente – ebbene si – attraverso delle decisioni chiare.
Come può il Governo pachistano uscire da questa dinamica distruttiva? Il governo Zardari ha la soluzione tra le dita ma è rimasto seduto sulle sue mani per tutto questo tempo, così come i suoi predecessori durante il Governo militare di Musharraf.
Dopo che sono stati bruciati vivi almeno sette Cristiani e dopo la distruzione delle case degli abitanti cristiani nella città di Gojra nel mese di agosto dello scorso anno, portata avanti da alcuni estremisti con il prestesto di oltraggio secondo un presunto atto di blasfemia, il Primo Ministro ha annunciato che avrebbe riunito un comitato per rivedere le “ leggi nocive all’armonia religiosa”. Un annuncio ben accolto ma che, finora, non è stato seguito da risultati concreti.
L’ammistrazione Zardari deve allearsi con i gruppi sostenitori dei diritti umani all’interno del Governo e della società civile che si sono sentiti in forte imbarazzo, se non oltraggiati, dai crescenti attacchi contro le minoranze: dal caso di Asia Bibi alle bombe contro i Sufi e agli assalti alle scuole femminili e alle cliniche per donne. Anche loro richiedono il rispetto delle promesse fatte sulle leggi contro la blasfemia. Il Pakistan deve emendarle o abolirle, in particolare la sezione 295C del Codice penale pachistano che richiede una sentenza di morte obbligatoria per chiunque sia trovato colpevole di blasfemia.
Le leggi contro la blasfemia sono formulate in modo vago ed arbitrario e, a causa di ciò, sono  generalmente usate per poter molestare e perseguitare le minoranze religiose. Per esempio, a gennaio di quest’anno, cinque membri della comunità Ahmadi, incluso un minore, sono stati detenuti nel distretto di Layyah sulla base di pretestuose accuse di blasfemia senza alcuna prova né testimonianza a supportare queste denuncie. Anche un ministro pachistano ha dichiarato che le accuse rivolte ad Asia Bibi hanno avuto origine da un banale litigio tra donne presso il pozzo della comunità.
Poichè le prove richieste sono irrisorie, le accuse di blasfemia sono spesso infondate e troppo facilmente motivate da litigi insignificanti e ragioni mendaci. Sebbene nessuno sia stato giustiziato a causa delle leggi contro la blasfemia, in molte prigioni sono stati registrati molteplici casi di omicidio di persone incriminate del realto di blasfemia ad opera di guardie o prigionieri.
Il caso di Asia Bibi è un’altro campanello d’allarme per il governo pachistano affichè affronti il problema dell’estremismo religioso che sta mietendo molte vittime nel paese. Con gli attacchi contro le minoranze che sono aumentati vertiginosamente, come le bombe di quest’anno in un famoso santuario Sufi e una moschea Ahmadi, il governo pachistano ha già ricevuto numerosi segnali. Quando avrà fine il suo sonnambulismo verso il disastro e arriverà il tempo di mettere fine alle scandalose leggi contro la blasfemia?