martedì 18 settembre 2012

Sedicenne frustata in Afghanistan, aveva un fidanzatino - di Monica Ricci Sargentini

In molte parti del mondo islamico le donne continuano a subire vessazioni e torture (nella foto alcune ragazze in una casa rifugio).  Il sette settembre scorso vi avevamo raccontato la storia di una sedicenne maldiviana condannata a 100 frustate per aver fatto l’amore. La stessa sorte è toccata qualche giorno dopo a una sua coetanea Sabera, una  ragazzina afghana. Questa volta però la punizione corporale è stata subito eseguita. Gli anziani del villaggio, nella provincia di Ghazni, nel sud del Paese, hanno ricoperto Sabera con un lenzuolo bianco e poi l’hanno  frustata  a sangue davanti alla sua famiglia. La sua colpa? Aver stabilito un “legame” con un ragazzo giovane come lei. Non si sa nemmeno se fosse una relazione vera e propria. In Afghanistan è considerato un atto da punire il solo e semplice fatto di porsi al di fuori del controllo della famiglia, anche se non si hanno contatti fisici. Insomma magari i due avevano solo parlato e stretto un’amicizia. Fatto sta che la ragazza ora sta male.  ”Mi hanno riferito – ha detto la responsabile provinciale del dipartimento delle Donne Shukuria Wali – che adesso Sabera è in cattive condizioni di salute”. Il fidanzatino, invece, è stato condannato a pare una multa pari a 1.600 dollari.
L’episodio risale al 9 settembre e non è avvenuto in un’area dominata dai talebani, bensì in  una zona sotto il controllo del governo dove vivono gli hazara, un’etnia che solitamente ha un atteggiamento un po’ più liberale sui diritti delle donne. Per questo il governatore del distretto, Zafar Sharif, ha deciso di aprire un’inchiesta sull’accaduto e di inviare una delegazione sul posto.
Ogni mese vengono registrati in Afghanistan crimini odiosi contro le donne, soprattutto nelle zone rurali rette dalla tradizione, malgrado una presenza decennale da parte delle potenze straniere. Secondo un sondaggio condotto dall’Ong Oxfam l’87% delle afghane afferma di avere subito violenze fisiche, sessuali o psicologiche, oppure di essere state obbligate a sposarsi. Il governo è accusato di duplicità cioè di sposare la causa delle donne a parole per avere gli aiuti internazionali ma di tollerare nei fatti le richieste delle frange più estremiste della popolazione. Lo scorso marzo Karzai ha appoggiato un pronunciamento del Consiglio degli Ulema, la più alta autorità religiosa che definiva “l’uomo fondamentale e la donna secondaria”.
Chi si batte per i diritti delle donne in Aghanistan rischia la vita. Come è successo lo scorso luglio ad Hanifa Safi, direttrice del ministero per gli Affari femminili della provincia orientale di Laghman, saltata su una bomba a Mehtarlam. L’ultima vittima di una lunga serie come abbiamo raccontato in questo post. Sempre a luglio il mondo è rimasto scioccato a guardare il video dell’esecuzione di una ragazza di 22 anni, abbattuta a colpi di fucile davanti alla folla in un piccolo villaggio nella provincia di Parwan, cento chilometri a nord di Kabul. Dall’Afghanistan per le donne non arrivano buone notizie. Purtroppo.
 

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